Essere Steven Heller

Articolo pubblicato il: 26 Ottobre, 2022


Le memorie del grande art director in un volume che racconta la controcultura newyorkese degli anni ’70
Growing Up Underground
La copertina di “Growing Up Underground” disegnata da Louise Fili Ltd

“Growing Up Underground” è l’autobiografia del grande art director Steven Heller.


Se c’è un personaggio che adoro nel mondo della grafica, dei giornali a e della comunicazione visiva, questo è Steven Heller

Con una naturalezza propria dei grandi divulgatori americani, Heller ha pubblicato decine di libri legati al mondo del design: volumi di cui è autore (qui ho recentemente scritto di “Hell”, realizzato con il mostro sacro Seymour Chwast), antologie in cui ha messo insieme lavori di suoi colleghi, e saggi in cui racconta il suo punto di vista sul design.


The Daily Heller

Art director, giornalista, critico, curatore d’arte: Steven Heller, nato a New York nel 1950, ha raccolto l’eredità della generazione di Milton Glaser e del Push Pin Studio per traghettarla fino ai giorni nostri.

La rubrica “The Daily Heller”, all’interno del sito Printmag.com, è un appuntamento fisso e fondamentale non solo per gli studenti di grafica, ma anche per i professionisti del settore di tutto il mondo. Una finestra aperta e sempre puntuale sulle novità della grafica internazionale, scritte da chi di quella materia è un protagonista indiscusso.


Memoir of counterculture
Carta d’identità di Steven Heller del 1970

Autobiografia giovanile

È appena uscito negli Stati Uniti un memoir di Steven Heller intitolato “Growing Up Underground” e pubblicato da Princeton Architectural Press. Il tempo di procurarmelo e leggerlo ed eccomi qui a scriverne. Si tratta dell’ennesimo cambio di direzione nella bibliografia di Heller: né un manuale, né un saggio, ma una vera e propria autobiografia giovanile.

Dalla Svezia con furore

Si parte quindi proprio dall’inizio, dai genitori Bernice e Milton (tipici nomi ebrei) che persero le loro ingenti ricchezze durante la Grande Depressione. Ma l’infanzia del piccolo Steven trascorre comunque serena tra New York, Long Beach e Long Island, dove passa i periodi estivi. Poi, all’età di quindici anni, viene spedito qualche mese da amici di famiglia in Svezia. E qui – è il periodo della guerra in Vietnam – il giovane Heller inizia a vedere gli Stati Uniti con occhi europei, estremamente critici verso l’establishment a stelle e strisce. La liberazione sessuale, il rock and roll e il look hippy restituiscono a New York un giovane ribelle, pronto a calarsi nella controcultura di New York degli anni ‘70.


Steven Heller
“My Discarded Tissue”, zine letteraria datata 1967. A destra la prima cover di “Mobster Times”, 1972

Una città in fermento

Da questo momento in poi il libro decolla, descrivendo una città e un fermento artistico in piena esplosione. Nel 1968 Heller si iscrive alla New York University (corso di inglese), per poi trasferirsi alla School of Visual Arts per studiare illustrazione e cartoni animati, ma senza laurearsi in nessuna delle due materie. Dopo aver lasciato la SVA, fu assunto per insegnare in un corso di progettazione di giornali. Nello stesso anno diventa direttore artistico della “New York Free Press”, pur non avendo alcuna credenziale ufficiale.


Steven Heller
“NY Free Press” illustrazione di Heller (1968). A destra “NY Review of Sex and Politics”: art direction di Heller e illustrazioni di Brad Holland

L’incontro con Brad Holland

Sempre nel 1968 incontra quello che definisce il suo mentore, anche se Heller è più giovane di solo sette anni: l’illustratore Brad Holland (ne ho ampiamente scritto qui), uno dei maggiori artisti in campo editoriale. Il quinto capitolo del libro, interamente dedicato a questo incontro, è splendido: Holland catechizza un giovane e ancora professionalmente impulsivo Heller. Gli trasferisce l’importanza del layout grafico e delle scelte tipografiche all’interno della progettazione dei giornali.


Growing Up Underground
Due copertine di “Screw” del 1972 (illustrata da Leslie Cabarga) e, a destra, del 1969

L’amicizia con Al Goldstein

Dopo la Free Press, Steven Heller diventa art director di varie altre pubblicazioni tra cui il tabloid porno “Screw”, cofondato da Al Goldstein. Il capitolo a lui dedicato ci racconta un altro grande protagonista dell’editoria underground newyorkese degli anni ‘70. Goldstein, diventato poi grande amico di Heller, è stato un editore e pornografo passato alla storia dell’editoria per aver aiutato a normalizzare la pornografia hardcore negli Stati Uniti.

Ancora altri giornali alternativi: tra questi “Mobster Times”, “Bitch”, “New York Ace”, “Gay”, “New York Review of Sex”. Heller diventa il più attivo e ricercato degli art director sulla scena della controcultura della città e arriva a dirigere quattro magazine contemporaneamente. In questi anni sperimenta, progetta, disegna e collabora con illustratori. Getta le basi per diventare il grande creativo che tutto il mondo conosce e studia.


Memoir of counterculture
Due cover di “Gay” (1974), art direction di “World Domination Studio” che era uno pseudonimo di Heller

Talento precoce

E infatti nel 1974 è il più giovane art director per la pagina degli editoriali del “New York Times”, sostituendo Jean-Claude Suares. Ma proprio qui il libro si interrompe facendoci già intravedere e sperare di leggere prossimamente una seconda parte di memorie. Gli anni, cioè, in cui la sua carriera decolla e incontra figure fondamentali come Seymour Chwast e Louise Fili, che diventerà sua moglie.


Steven Heller Memoir of counterculture
1971: Steven Heller è art director (anche) di “Rock”

“Growing Up Underground” è senz’altro un’autobiografia, ma non solo dell’autore. Oltre alla sua giovinezza, infatti, ci racconta un’epoca di grande libertà culturale e sociale, una città che non ha mai smesso di essere al centro della creatività occidentale e una professione – quella del designer di giornali – che nasceva in quegli anni e che deve moltissimo proprio a Steven Heller.


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