Due o tre cose su Brad Holland
Articolo pubblicato il: 8 Dicembre, 2021
Esce in Francia un volume dedicato al grande artista americano, pioniere dell’illustrazione editoriale
Brad Holland è un artista centrale nel mondo dell’editoria. Nato negli Stati Uniti, in Ohio, nel 1943, ha stravolto il significato dell’illustrazione dei giornali a cavallo degli anni ’70 e ’90 del secolo scorso.
È appena uscito in Francia un volume dal titolo “Géant endormi” (Les Cahiers dessinés, con una bella intervista di Callisto Mc Nulty). Si tratta di una raccolta di immagini in bianco e nero realizzate dall’artista americano nel corso della sua decennale carriera.
Memorie redazionali
Quando iniziai a lavorare a La Repubblica, il mio maestro Angelo Rinaldi mi fece conoscere l’opera di Holland attraverso gli Annual della Society of Illustrators. Questi volumi rappresentarono per molto tempo – almeno fino all’arrivo di internet in pianta stabile nelle nostre vite – l’unica finestra professionale sul mondo esterno. Attraverso questi Annual entravamo in contatto con i talenti che pubblicavano sui giornali internazionali, scoprivamo nuovi stili di illustrazione, nuove grafiche, tendenze visive inedite per noi.
Un nuovo modo di illustrare i giornali
Nel caso di Brad Holland capivamo che il suo era un nuovo modo di guardare all’illustrazione editoriale: si distaccava dal senso didascalico dell’articolo e – con uno stile personale e molto artistico – visualizzava il testo ricorrendo a metafore, allegorie, salti creativi. L’immagine non era più la semplice spiegazione delle parole, ma diveniva un ulteriore elemento aggiunto alla pagina del giornale.
Si trattava dell’illustrazione concettuale. Brad Holland fu il maestro e la sua generazione e quelle successive ne hanno studiato il lavoro. Tullio Pericoli, Beppe Giacobbe, Emiliano Ponzi: sono solo alcuni illustratori – forse i più famosi – che lo considerano un precursore di questo tipo di arte applicata e ne adorano l’opera.
A distanza di anni, in occasione dell’uscita di questo libro in Francia, chiedo ad Angelo Rinaldi di ricordarmi perché questo artista americano gli piacesse così tanto. Lo storico Art director de La Repubblica mi risponde subito: «Brad Holland è un grande artista che ha usato i giornali come una volta si usavano le gallerie o gli studi per mettere in mostra la propria arte. Chiamarlo illustratore è riduttivo, il suo segno nasce da una cultura incisoria, quasi fosse un nuovo Dürer. Ed entra a pieno titolo in quella scuola americana di pittura che ha visto tra i suoi migliori esponenti la famiglia Wyeth, Rockwell Kent, Hopper fino ad arrivare ai contemporanei John Alcorn e Milton Glaser».
Una luce in mezzo al piombo
Prosegue Rinaldi: «Il nero dell’inchiostro contrastando con il bianco della carta dei giornali con i quali Brad Holland ha lungamente collaborato, si è esaltato, rivelando nei particolari del segno tutta la ricchezza della trama. La sua narrazione non è più solo illustrativa, ma è la sintesi fortissima di comunicare un messaggio con un pugno, senza mediazioni. Sulle pagine del New York Times dove io l’ho conosciuto negli anni ’80, Brad Holland è stato una luce in mezzo al piombo delle colonne di testo, riuscendo a preservare il suo essere artista e la qualità del suo segno nonostante la frenesia del mondo dei giornali».
Sfogliare il libro “Géant endormi”, rivedere le anatomie disegnate da Holland, le sue idee, il suo stile incisorio, mi riporta indietro di anni, a quando cominciai a lavorare nei giornali e grazie anche alla sua arte mi innamorai di questo mondo.
Ivan Canu, illustratore e direttore del Mimaster, scuola di illustrazione di Milano, ha invitato e ospitato Brad Holland per tenere workshop a più riprese, la prima volta nel 2010. Chiedo anche a lui – che lo conosce bene, anche personalmente – una testimonianza sull’importanza di questo artista: «È dopo gli anni ’70 che Holland si reinventa costantemente tanto che Steven Heller (Art director del New York Times per tre decenni, ndr) ne paragona l’influenza nell’illustrazione a quella che Jackson Pollock ha avuto nell’arte contemporanea. Le ascendenze più alte che si notano sono il Goya dei dipinti neri, Kubin, il graffiante bianco e nero di Grosz, Ben Shahn e Leonard Baskin».
Rivoluzione concettuale
«La rivoluzione concettuale è ritrovare queste ispirazioni non nel suo lavoro di artista puro ma applicate all’illustrazione commerciale, editoriale e pubblicitaria. Il fatto che Holland non abbia una formazione artistica classica gli ha consentito un’irriverente libertà di ispirazione. Tecniche tradizionali come incisione e litografia vengono trasposte senza passare per la conoscenza accademica della produzione a stampa, ma simulandone gli effetti in modi sperimentali. I soggetti, poi, sono ispirati a classici della letteratura come Don Chisciotte di Cervantes, innervati da una forte impronta erotica. I suoi mezzi tecnici in questi anni sono la sperimentazione di grafite, pastelli, china, tratteggio, pennelli, acrilici, digitale».
Gli anni Settanta
Ivan Canu continua a ripercorrere la carriera di Holland: «Nel 1974 arriva la prestigiosa collaborazione con il New York Times nella Opinion page diretta da Jean-Claude Suares, che gli vale la nomination al Premio Pulitzer nel 1976. Per Holland non è solo un momento d’oro: Si tratta proprio di un’intera epoca dell’illustrazione che si ispira a lui, fino agli anni ’80 con il Khomeini sulla copertina di Time realizzato in acrilico e con la palette di colori che diventerà uno dei marchi distintivi di Holland. Le influenze artistiche sono Hopper, la street art newyorchese, i murales messicani degli anni ’20 (Orozco, Siqueiros, Rivera)».
Influenze letterarie
Conclude Canu: «Si riconoscono anche alcune fonti letterarie: il simbolismo e i classici ottocenteschi americani, Hawthorne e Melville fra tutti. Arriva la produzione di poster, come quello per i 25 anni dell’Odeon Theatre e la cartellonistica in genere. La sperimentazione del lettering manuale diviene un’altra cifra distintiva del suo stile. Negli anni ’90 e nel nuovo millennio, Holland si interessa degli Orphan Works e dell’accesso delle lobby al copyright senza regolamentazione per legge. Dal 2004 al 2008 si occupa intensamente di questi temi e della causa legale contro le lobby editoriali digitali, battendosi per la conoscenza del mestiere, delle sue regole e per l’impegno politico, fino ad ottenere una storica sentenza che farà scuola, in cui il giudice stabilirà che “la verità non è punibile”. Nel 2005 Holland entra nella Hall of Fame della Society of Illustrators di New York».
L’incontro tra Emiliano Ponzi e Brad Holland
Anche Emiliano Ponzi, tra i più noti illustratori a livello internazionale, non nasconde l’influenza che Brad Holland ha avuto sulla sua formazione. Lo racconta durante un dialogo che ha avuto proprio con il maestro americano nel 2016 a Milano, in occasione dell’uscita italiana del libro “Il principe felice” (edizioni Nuages). L’incontro, davvero interessante, si può vedere su YouTube, qui.
Il pioniere dell’illustrazione editoriale
Chiedo infine a Callisto Mc Nulty, regista trentenne parigina che intervista Brad Holland nell’introduzione del volume “Géant endormi”, come è venuta a conoscenza dell’opera del disegnatore americano. «È stato attraverso l’editore Frédéric Pajak che ho scoperto il suo lavoro. È stato Pajak (illustratore, scrittore e – in questo caso – editore del libro, ndr) a chiedermi di accompagnarlo a New York per incontrare e intervistare Brad Holland. Ed è stato un vero piacere scoprire l’universo politico e onirico di questo pioniere del fumetto per la stampa».
Ecco, Callisto Mc Nulty centra l’importanza di Holland, definendolo pioniere dell’illustrazione editoriale. Attraverso questo libro – con la bella intervista in cui si ricostruisce la sua storia professionale e le numerose opere pubblicate all’interno – può cominciare la riscoperta di un autore che per troppi anni è stato dimenticato.
Scopri le altre sezioni del mio sito:
Qui trovi gli ultimi articoli nella sezione “L’Espresso”
Qui trovi le ultime interviste nella sezione “Dialoghi”
amici