Scrivere (indegnamente) di Gipi
Articolo pubblicato il: 16 Novembre, 2022
L’uscita del nuovo, atteso albo a fumetti dell’artista pisano è anche un’occasione per riflettere sul suo percorso artistico

A mio avviso Gian Alfonso Pacinotti – meglio conosciuto come Gipi – è l’unico erede del grande Andrea Pazienza.
E non è un caso che i due si incrociarono, ragazzino il primo, artista già affermato il secondo. La Rete – che non dimentica nulla, anche quello che vorremmo dimenticare – custodisce e ogni tanto ritira fuori una vecchia fotografia in cui un gruppo di giovani disegnatori guardano in macchina e sembra quasi chiedano lumi circa il loro futuro.
Foto di gruppo
L’anno era il 1982 e l’occasione immortalata era un corso di disegno nella Libera Università di Alcatraz di Jacopo Fo. Gli insegnanti erano Paz, Tanino Liberatore, Josè Muñoz, Filippo Scòzzari. E tra gli studenti un giovane Gipi che – tra timidezza e curiosità – cercava di rubare i segreti di un mestiere che avrebbe voluto intraprendere con tutto sé stesso.
Qualche anno dopo quello scatto, iniziò il percorso artistico del giovane Pacinotti, con le prime storie pubblicate su riviste alternative.
Correva l’anno
Io Gipi l’ho conosciuto molti anni dopo, nel 2004. Lavoravo da pochissimo a Repubblica, praticamente temperavo le matite all’art director Angelo Rinaldi (le matite non si usavano già più e quindi facevo l’equivalente ma con il computer). Ricordo che Pasquale Gioffrè, altro valido grafico del quotidiano, parlò a Rinaldi di Gipi e – di lì a breve – cominciò la collaborazione dell’illustratore pisano con la Repubblica.
Anni intensi, in cui Gipi disegnava di tutto, velocissimo perché i tempi di un quotidiano non ammettono ritardi, ma con una qualità decisamente straordinaria.

Ricordo un racconto di Natale per La domenica di Repubblica (2005), la serie de “I Barbari” per illustrare l’opera di Alessandro Baricco, uscita a puntate sul quotidiano poi raccolte in un libro nel 2006, le decine di illustrazioni ad accompagnare le recensioni di libri nelle pagine della cultura. Di alcune di queste, anni dopo, sono riuscito ad acquistare gli originali attraverso un gallerista che li vendeva.
E poi il periodo in cui smise di disegnare per realizzare il primo lungometraggio e – quando tornò ai pennelli – il cambio di stile, che eliminava l’outline a china lasciando liberi i colori di aggiungere o sottrarre particolari all’illustrazione.
Un fumetto allo Strega
Intanto gli anni passavano e Gipi diventava l’autore che tutti conosciamo, addirittura in grado di far arrivare la sua graphic novel “unastoria” tra i dodici finalisti del Premio Strega. Era il 2014 ed era la prima volta in assoluto che un fumetto raggiungeva un simile traguardo. A seguire, premi internazionali e successo di critica e vendite.

Gentile sempre, puntuale nelle consegne, schivo ma disponibile, timido eppure di una generosità senza fine verso i giovani colleghi che gli chiedono consigli. Questo è Gipi. Talento puro che non riesce a essere diverso da ciò che disegna. E non a caso i suoi stili e i suoi lavori sono ogni volta diversi dai precedenti, perché ognuno di noi è una persona complessa e in divenire.
Nasce Rulez
L’incontro con Chiara Palmieri – sua partner in crime nell’impresa Rulez, agenzia di illustratori e casa editrice – pacifica il genio irrequieto di Gipi che finalmente può dedicarsi ai progetti cui tiene di più. Tra questi “Bruti”, un gioco di ruolo pensato e realizzato interamente dall’artista, appassionato di questo tipo di passatempi. Lo presenta a “Lucca Comics” nel 2015, dove passa intere giornate a giocarci con i suoi innumerevoli fans.
Gipi e Lucca
Lucca. La città del grande Festival del fumetto che Gipi non ha (quasi) mai disertato. Perché è lì che è nato come artista, che ha sognato di fare della sua passione anche la sua professione, è lì che incontra la sua comunità che lo adora e che lo riempie di attenzioni.
E proprio a Lucca quest’anno, nell’edizione del Festival più numerosa di sempre, ha presentato il suo nuovo lavoro: “Barbarone sul pianeta delle scimmie erotomani”, prodotto proprio da Rulez.

Un nuovo fumetto di Gipi – l’ultimo era stato “Momenti straordinari con applausi finti” (Coconino Press, 2019) – nel mondo dei comics è un vero e proprio evento.
Si tratta del primo volume di quella che sarà una trilogia e narra le avventure intergalattiche di Barbarone, esploratore stellare da più generazioni (basti pensare che – a suo dire – la nonna faceva le pulizie sull’Enterprise del comandante Kirk e del dottor Spock). Insieme agli amici Goggo e Pozza di piscio, Barbarone finisce nelle situazioni più assurde e divertenti, inseguito da scimmie erotomani o rinchiuso in una cella del pianeta Abba Nana, da cui scappa per finire, ovviamente, dalla padella alla brace.

Un serissimo “divertissement”
Il tratto del fumetto è quello della china in bianco e nero e solo nella prima tavola Gipi ci regala i suoi famosi acquerelli. I testi sono veloci e divertenti in uno slang toscano-galattico, un’interpretazione maremmana del bar di Guerre Stellari, dove tutte le razze aliene convivono in modo originale e visionario.
Il risultato è un serissimo “divertissement”, perché solo un lavoro curato sin nei minimi particolari, di grafica e sceneggiatura, può poi risultare così leggero e riuscito.
Barbarone ci lascia alla fine del primo volume con molti punti interrogativi e non ci resta che attendere la prossima puntata per scoprire cosa sarà di lui e dei suoi due amici alieni.

E anche Gipi ci lascia in attesa delle sue prossime opere: negli ultimi anni ha lavorato a questo fumetto spaziale e contemporaneamente ad altri due volumi, un western e un progetto dal titolo “Stacy”. Non ci resta che attendere e rimanerne stupiti, come accade ogni volta che l’autore pisano manda alle stampe un nuovo lavoro.
P.S. Qui un’intervista a Gipi di qualche tempo fa. Il monologo finale in cui si rivolge ai giovani aspiranti illustratori va visto almeno una volta al mese e imparato a memoria.
P.P.S. Ringrazio Gianmaria Tammaro per la bella intervista a Gipi pubblicata su La Stampa (qui), piena di spunti di riflessione e di notizie.
P.P.P.S. Conoscendo un poco Gipi, sono abbastanza sicuro che – leggendo l’incipit di questo articolo – ha provato un sentimento di odio verso il sottoscritto. Il paragone con Paz è tutto mio, e ne sono convinto. Per talento puro, capacità di variare registri stilistici e di scrittura e per sensibilità artistica. Me ne assumo, felicemente, tutta la responsabilità.
Scopri le altre sezioni del mio sito:
Qui trovi gli ultimi articoli nella sezione “L’Espresso”
Qui trovi le ultime interviste nella sezione “Dialoghi”
amici