DJ Stout, l’art director con il cappello da cowboy
Articolo pubblicato il: 22 Marzo, 2023
Fiero delle sue origine texane, partner di Pentagram, è un maestro del nuovo graphic design Usa
Dj Stout è uno dei maggiori graphic designer al mondo. Anche se il suo nome può non dirvi molto, questo creativo texano – così fiero delle sue origini da rinunciare raramente a stivali e cappello da cowboy – rappresenta una parte importante della storia recente della grafica americana.
Partner di Pentagram Design – lo studio di design internazionale che proprio quest’anno compie l’anniversario di mezzo secolo – ne è una figura imprescindibile al pari di Michael Bierut o Paula Scher. Mentre questi ultimi sono colonne portanti della sede newyorchese di Pentagram, Dj Stout è il responsabile di quella di Austin, Texas.
Orgoglio texano
Texano da sei generazioni, si occupa quindi di tutti i clienti di Pentagram del Mid West americano, territorio non propriamente minuscolo.
Nel 2015 è uscito il volume “Variations on a Rectangle – 30 years of Graphic Design from Texas Monthly to Pentagram”, monografia a lui dedicata in cui si ripercorre la sua carriera di designer.
Dal”Texas Monthly” a Pentagram
Dj Stout è stato direttore artistico del magazine “Texas Monthly” dal 1987 al 1999, traghettando la storica rivista nel 21° secolo con trovate grafiche e visuali di grandissima qualità. Poi – come partner di Austin di Pentagram – ha continuato a lasciare il segno con lavori di branding e design per istituzioni, riviste e aziende.
Personaggio dirompente, simpatico e vitale, amante dell’Italia e curioso delle persone, incarna il ruolo di art director nel migliore dei modi: non da protagonista, ma da abile chef che mischia e bilancia alla perfezione tutti gli ingredienti delle sue ricette.
L’arte di fare layout
DJ Stout racconta spesso che quando il padre gli chiese cosa facesse, dal momento che non disegnava le illustrazioni né scattava le fotografie presenti nei suoi lavori, rispose semplicemente: «Io faccio i layout». E questa è, in fondo, l’essenza – semplice e profonda – del fare graphic design.
“Sa come sottolineare un punto”, scrive Paula Scher di Pentagram, nell’introduzione della già citata monografia, “e sa anche come abbellire i dettagli lungo il percorso per creare le giuste analogie ed esagerazioni per tenerci eternamente impegnati. Il design editoriale è l’arte della narrazione e il marchio di DJ è unicamente americano. Americano occidentale. Inizia lentamente e si sviluppa. Ti conquista con un po’ di umiltà e poi ti molla un pugno a sorpresa”.
Cavalli e cowboy
Tutti gli elementi fotografici e illustrati utilizzati nella grafica di DJ Stout sono profondamente texani. Negli impaginati più famosi e premiati del “Texas Monthly” troviamo ricchi petrolieri, serpenti a sonagli, reginette di bellezza, football, chili, cheerleaders, barbecue, rodeo, margaritas, bull riders, pistole, bandane, cactus, jalapeños, filo spinato, jeans Wrangler, sale da ballo, capelli grandi, cani della prateria, cowgirl e cowboy – e i loro cappelli.
Il tutto presentato con fotografie dei migliori autori statunitensi e con illustrazioni firmate dai maggiori talenti, e cito su tutti il grande Brad Holland (del quale ho scritto qui).
Stout non è un intellettuale, ed è orgoglioso di non esserlo. Ma conosce bene i punti di riferimento del mondo dell’arte internazionale, da Andy Warhol a William Wegman. Ed è anche infinitamente curioso degli stili grafici popolari, e questo gli ha permesso di raggiungere uno stile tutto suo, riconoscibile pur essendo un insieme di elementi eterogenei e stilisticamente diversi.
Contano le storie
Lo spessore umano di DJ Stout è pari a quello professionale. Un altro aneddoto spiega bene il suo approccio al lavoro e risale agli inizi della sua carriera. Racconta Stout che la prima copertina in assoluto che realizzò come art director per il “Texas Monthly” fu quella che raggiunse il record di vendite per il magazine. Ne fu estasiato, fino alla copertina successiva che – di contro – rappresentò il punto più basso delle vendite.
Da allora DJ Stout comprese – e non si è mai stancato di raccontarlo – che il lavoro di art director nel settore editoriale conta fino a un certo punto. Le cose che più contano, infatti, sono le storie, i contenuti dei giornali e non la forma.
Ecco, questa a mio avviso è una grande lezione che tutti noi grafici editoriali dovremmo avere sempre ben presente.
DJ Stout in video
Per approfondire la figura di DJ Stout, non si può non vedere questo cortometraggio del fotografo e regista John Madere a lui dedicato. Ne esce un ritratto a tutto tondo, corredato da interventi di amici e colleghi, di immagini dal suo portfolio e da sue illuminanti affermazioni.
Scopri le altre sezioni del mio sito:
Qui trovi gli ultimi articoli nella sezione “L’Espresso”
Qui trovi le ultime interviste nella sezione “Dialoghi”
amici