Margaret Bourke-White

Articolo pubblicato il: 29 Settembre, 2021


Una mostra fotografica a Roma celebra il lavoro della pioniera del fotogiornalismo
Mostra Bourke-White
Margaret Bourke-White al lavoro in cima al grattacielo Chrysler, New York City, 1934 © Oscar Graubner Courtesy Estate of Margaret Bourke White

Al Museo di Roma in Trastevere, da qualche giorno e fino al 22 febbraio 2022, si può visitare “Prima, donna. Margaret Bourke-White “, una retrospettiva dedicata alla pioniera americana del fotogiornalismo.

L’esposizione, molto esaustiva e dettagliata, è curata da Alessandra Mauro e presenta più di 100 immagini che arrivano dall’archivio storico di Life e che si possono ammirare anche nel catalogo edito da Contrasto.

Margaret Bourke-White è un personaggio molto importante nella storia della fotografia e dell’editoria: ha documentato i grandi cambiamenti storici dello scorso secolo, trovandosi al momento giusto nel posto del mondo giusto.

Volitiva, celebre, ben pagata, dalla personalità fortissima: creò un modo di fotografare moderno e al contempo riuscì a costruire il mito di sé, donna e fotografa.


Margaret Bourke-White
Play Street, New York, 1930. © Images by Margaret Bourke-White. 1930 The Picture Collection Inc. All rights reserved

I primi lavori

La retrospettiva dedicata a Margaret Bourke-White è anche l’occasione per ripercorrere la sua vita. Nasce a New York nel 1904 e eredita dal padre inventore l’amore per le macchine e la tecnologia. Durante gli anni universitari frequenta lezioni di fotografia e, dopo un matrimonio breve e sfortunato, si trasferisce a Cleveland dove giovanissima – nel 1927 – apre uno studio fotografico.

Si dedica principalmente alla fotografia pubblicitaria e industriale. In questo campo si inizia a definire il suo carattere temerario che la porta a scattare immagini ad altezze considerevoli o in situazioni di pericolo.

Poi i giornali entrano prepotentemente nella sua vita: Henry Luce, editore di Time, la chiama a lavorare per un nuovo progetto, il magazine Fortune. Si trasferisce nuovamente a New York e diventa in breve un personaggio conosciuto, per il suo lavoro e per il suo look eccentrico e curato. Il suo studio all’ultimo piano del grattacielo Chrysler è leggendario, munito com’è di vasca da bagno in cui sguazzano due coccodrilli. I soggetti dei suoi progetti sono il mondo del lavoro americano, ma anche reportage di viaggi, in Germania o in Russia.


Life Bourke-White
Russia, 1931. © Images by Margaret Bourke-White. 1931 The Picture Collection Inc. All rights reserved

La Grande depressione

Gli anni successivi al Crollo di Wall Street del 1929 porteranno alla Grande depressione e Margaret Bourke-White decide di dedicarsi alla fotografia di documentazione sociale, declinando quindi lavori commerciali e pubblicitari. Con lo scrittore Erskine Caldwell – che poi diventerà suo marito, anche stavolta per poco tempo – gira le zone povere del Sud degli Usa per testimoniare con immagini e testi la situazione di grande disagio di quel periodo. Il frutto del loro viaggio è il libro “You Have Seen Their Faces”, pietra miliare nella storia dell’editoria fotogiornalistica.


Mostra Bourke-White
Louis Ville, Kentucky, 1937. © Images by Margaret Bourke-White. 1937 The Picture Collection Inc. All rights reserved

Fotografie Bourke-White
La Diga di Fort Peck, Montana, 1936. © Images by Margaret Bourke-White. 1936 The Picture Collection Inc. All rights reserved
La nascita di Life

E siamo alla seconda svolta nella carriera di Bourke-White: nel 1936 Henry Luce – sempre lui – la vuole ancora per la nascita di un nuovo magazine. Si tratta di Life, che diventerà una delle più importanti riviste di fotografia di tutti i tempi.

Sua sarà la prima copertina che immortala la diga di Fort Peck e in cui le torna utile l’esperienza precedente nel campo della fotografia industriale.

Negli anni a seguire firmerà moltissimi reportage che la porteranno a viaggiare in tutti i continenti e faranno di lei un’icona di successo, eleganza ed eccellenza.


Una fotografa in guerra

Allo scoppio della Seconda guerra mondiale, Margaret Bourke-White viene inviata nelle zone del conflitto insieme all’aviazione prima e all’esercito americano poi, per conto di Life. Scatta fotografie dal fronte: Inghilterra, Nord Africa, Italia, Germania.

Le forze armate americane disegnano per lei l’uniforme da corrispondente di guerra che per molti anni sostituisce i suoi abiti coordinati alla moda. In Italia, passando dalle trincee a Cassino, da Napoli a Roma liberata dagli americani, Bourke-White trascorre cinque mesi in cui produce materiale incredibile (parte purtroppo andrà persa durante la spedizione intercontinentale).

L’orrore di Buchenwald

Nella primavera del 1945 la fotoreporter segue – sempre per Life – l’avanzata in Germania del generale Patton. L’11 aprile l’esercito americano entra nel campo di concentramento di Buchenwald e Bourke-White documenta ciò che vede. Le sue fotografie contribuiscono a far conoscere quell’orrore al mondo intero.


Foto Margaret Bourke-White
Buchenwald, 1945. © Images by Margaret Bourke-White. 1945 The Picture Collection Inc. All rights reserved

È un’esperienza durissima, che contempla anche il successivo saccheggio dei beni dei morti, ma la fotografa non si tira indietro. Anni dopo, nella usa biografia, scriverà: «Per immortalare quelle immagini ho dovuto coprire la mia anima con un velo». E ancora: «Siamo in una condizione privilegiata e infelice. Vediamo gran parte del mondo e abbiamo l’obbligo morale di raccontarlo agli altri».


L’India di Gandhi

Finita la guerra, nel 1946 Margaret Bourke-White si imbarca in una nuova, entusiasmante avventura. Fotografare l’India, nel delicato momento di passaggio dal colonialismo britannico all’indipendenza con la divisione tra India e Pakistan.

Un progetto imponente che durerà più di tre anni e che permetterà al mondo occidentale di conoscere i destini di un continente lontano, complesso e parzialmente sconosciuto.


Mostra foto Bourke-White
Gandhi, Pune, 1946. © Images by Margaret Bourke-White. 1946 The Picture Collection Inc. All rights reserved

In India l’incontro con Gandhi: la fotografia del Mahatma mentre fila all’arcolaio è una delle immagini più iconiche del secolo scorso. Margaret Bourke-White incontra Gandhi più volte, ne comprende la grandezza seppur venata di contraddizioni (ad esempio, era contrario all’industria pur contemplando un’India come potenza emergente) e viene affettuosamente soprannominata “la mia torturatrice” dal Padre della nazione indiana.

Il risultato del lavoro di questi anni è il libro “L’India a metà strada”, pubblicato anche in italiano nel 1952.

Gli ultimi viaggi, poi la malattia

Altri viaggi, altri reportage. Il Sudafrica, dove documenta le dure condizioni di lavoro nelle miniere. Poi di nuovo su un fronte di guerra: la Corea, nel momento della divisione in due stati. Ancora fotografie aeree, una passione che l’accompagna per tutta la carriera, e ancora la macchina fotografica puntata sugli Stati uniti, alle soglie del boom economico.


Bourke-White
Greensville, Carolina del Sud, 1956. © Images by Margaret Bourke-White. 1956 The Picture Collection Inc. All rights reserved

Nel 1952, quando è ancora giovane, le viene diagnosticato il morbo di Parkinson. Lotta con tutte le sue forze per continuare a lavorare, a curare i suoi libri fotografici e a scrivere la sua autobiografia, “Portrait of Myself”, che sarà un successo. Sottopone il suo corpo a esercizi sfiancanti ma nel 1957 deve definitivamente rinunciare a scattare fotografie. Morirà nel 1971, a 67 anni.

Nella fase acuta della malattia il collega e amico Alfred Eisenstaedt realizza su di lei un reportage fotografico pubblicato su Life nel 1959 e intitolato “La lotta indomita di una donna famosa”. Sono immagini forti e struggenti che molto fanno capire del carattere di Margaret Bourke-White e della sua vita. Una donna in costante ricerca di qualcosa attraverso il suo sguardo.

Ma di cosa?

«Cosa cerca quando scatta le fotografie?» le chiede il grande conduttore televisivo Ed Sullivan nel corso di un’intervista.

Bourke-White risponde: «Cerco la verità. E il modo come raccontarla».


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