L’Espresso, tutto nuovo
Articolo pubblicato il: 15 Gennaio, 2023
È uscito il primo numero del settimanale completamente rinnovato. Presentazione e segreti del progetto grafico
Domenica 15 gennaio è uscito il settimanale “L’Espresso” completamente rinnovato. Un nuovo progetto editoriale e grafico, un nuovo formato (più lungo di ben tre centimetri), una nuova carta ecologica e certificata e addirittura un nuovo tipo di stampa (da rotocalco a roto-offset).
I cambiamenti sono quindi tantissimi e hanno coinvolto tutti i settori della casa editrice: dal management alla direzione, dall’ufficio grafico alla distribuzione.
Realizzare un progetto grafico
In questo sito ci occupiamo di comunicazione visiva e andremo perciò a indagare gli aspetti di questa novità editoriale legati a questo settore. Cosa significa ideare e realizzare un nuovo progetto grafico? Quali sono gli elementi da tenere presenti? Quali e quanti vincoli si hanno? E con che tempi e con quali risorse si deve ragionare?
Si tratta di domande che hanno risposte sempre diverse, a seconda della società in cui si lavora e del tipo di magazine che si deve progettare. L’editore può decidere, ad esempio, di far realizzare il nuovo giornale all’esterno, rivolgendosi a uno studio grafico, oppure di farlo progettare internamente, con il proprio art director e le risorse del giornale.
Una grande responsabilità
Così come era accaduto nel 2018, anno dell’ultimo cambiamento grafico de “L’Espresso”, anche questa volta – in qualità di art director – mi è stato affidato il nuovo progetto. Un grande onore, una grande responsabilità ma – soprattutto – un grande piacere. Anche perché è stata l’occasione di progettarlo insieme ad Alessio Melandri, graphic designer che da qualche anno mi affianca nell’ufficio grafico del settimanale.
Il rapporto professionale e umano tra me e Alessio è di totale sintonia: abbiamo lo stesso modo di interpretare la grafica editoriale, ben sapendo che alla base di qualsiasi progettazione ci deve essere il lettore. Realizzare giornali significa veicolare al meglio le notizie per fornire al pubblico uno strumento chiaro e diretto per interpretare la realtà sociale, politica e culturale.
La grande tradizione grafica
Entrambi abbiamo sentito il grande peso di dare una nuova veste a una pubblicazione che ha fatto la storia del giornalismo italiano e – sin dal primo momento – abbiamo pensato di riprendere la grande tradizione grafica de “L’Espresso” rendendola il più contemporanea possibile.
Su questo aspetto della progettazione sono stati d’accordo sia Lirio Abbate, il direttore con cui abbiamo iniziato il lavoro, sia Alessandro Mauro Rossi, che gli è subentrato nel mese di dicembre scorso.
Ci vuole carattere
Inizialmente, quindi, abbiamo avuto la necessità di trovare dei caratteri tipografici che potessero darci continuità grafica con la storia del giornale. Le font sono un elemento fondamentale per la progettazione grafica di un magazine. Ne esistono di bellissimi e di tutti i tipi, ma il sogno di ogni designer è quello di farli realizzare ad hoc da una “fonderia digitale” per il proprio progetto. Si tratta di un grande valore aggiunto per un giornale ma va da sé che ha un costo che non tutti gli editori possono o vogliono affrontare.
Una sera, a cena con l’amico Riccardo Falcinelli, designer di chiara fama e collega con cui sono solito confrontarmi, è uscito il nome di Zetafonts, fonderia digitale indipendente di Firenze, tra le più riconosciute a livello internazionale.
Francesco Canovaro, Debora Manetti e Cosimo Lorenzo Pancini – i fondatori di Zetafonts – sono cari amici di Falcinelli e grazie a lui siamo entrati in contatto e abbiamo iniziato a lavorare sul progetto.
Parallelamente ho parlato con Mirko Bertucci, direttore generale de “L’Espresso Media”, la casa editrice de “L’Espresso”, e gli ho spiegato la grande importanza di avere delle font di proprietà per il giornale. Una scelta di prestigio, oltre che di grande professionalità. Ho trovato un interlocutore preparato e – una volta avuto il suo ok – siamo quindi partiti con lo studio dei caratteri tipografici.
Produzioni parallele
È iniziato così un periodo di grande lavoro dove da una parte si è avviata la progettazione del nuovo layout, ma dall’altra si è continuato a realizzare il giornale ogni settimana.
L’organizzazione dell’ufficio grafico è stata fondamentale: mentre Alessio Melandri portava avanti il nuovo progetto, contemporaneamente Emiliano Rapiti e Martina Cozzi si dedicavano alla fattura grafica del giornale garantendone la continuità e la qualità.
Nel frattempo si affrontava anche il cambio di tipografia per la stampa, con tutte le nuove specifiche tecniche e tipografiche da condividere con GMDE, la società che ci fornisce il sistema editoriale Woodwing e ci segue nella produzione.
La ciliegina sulla torta
E ancora, si ragionava con la diffusione sulla quantità di copie da stampare o con l’ufficio marketing per organizzare la campagna pubblicitaria. O con l’ufficio commerciale che doveva comunicare a tutti gli inserzionisti il nuovo formato delle pagine del giornale. E così via, in un tornado di problemi, riunioni, layout che si intensificavano man mano che si avvicinava la fatidica data del 15 gennaio.
Poi il progetto è stato definito, le font quasi del tutto realizzate (il lavoro è ancora in progress, e sarà concluso a progetto avviato), il layout presentato alla redazione. Con ogni caporedattore si sono analizzate le pagine del suo settore e affrontate le diverse esigenze.
Infine, la ciliegina sulla torta: la copertina del primo numero del nuovo progetto grafico de “L’Espresso” presenta una fotografia del grande maestro Oliviero Toscani. Un colpo voluto fortemente dall’editore Danilo Iervolino e dal direttore per avere un nome credibile e internazionale all’esordio del nuovo giornale.
Questo, molto sommariamente, il dietro le quinte di quello che è successo nella redazione de “L’Espresso” in questi ultimi tempi.
Adesso lascio la parola a Alessio Melandri che finalmente – con il suo testo – entrerà nello specifico del progetto grafico.
L’Espresso, dal punto di vista grafico
La grafica di una rivista è un contenitore da progettare in base agli argomenti che deve ospitare. È il lavoro sartoriale di confezione del migliore abito per vestire le informazioni, le notizie, i commenti. Un progetto grafico funzionale ed efficiente valorizza gli articoli giornalistici e ne afferma l’autorevolezza.
Per “L’Espresso” l’aspetto visivo è sempre stato determinante almeno quanto quello testuale. Attraverso una continua innovazione e una costante coerenza con i contenuti, i progetti grafici hanno donato ancora più credibilità al settimanale fondato da Eugenio Scalfari e Arrigo Benedetti. Nato nel 1955 con il formato lenzuolo e passato al tabloid nel 1974, “L’Espresso” sin dalle origini si è caratterizzato per scelte visive di grande personalità. Titolazioni potenti, fotografie mai banali, elementi grafici sempre riconoscibili, impaginazione armoniosa quanto rigorosa. Una grafica in cui il lettore si è sempre riconosciuto, sentendosi parte di una comunità esclusiva e contemporanea, impegnata socialmente e politicamente.
68 anni di grande giornalismo
Oggi – nel 2023 – il nuovo progetto visivo de “L’Espresso” non può non tenere conto della storia del magazine e presenta elementi identitari che ne hanno vestito le pagine sin dal primo numero. Sono molti i richiami alla grafica dei vari decenni: la larghezza maggiore della colonna d’inizio articolo (utilizzata negli anni ’50 e ’60), gli occhielli delle sezioni editoriali storiche (Politica, Cultura, Economia) ispirati a quelli presenti negli anni ’70 e ’80. Poi i titoli delle Opinioni che ricordano “La bustina di Minerva” di Umberto Eco degli anni Novanta e la sperimentazione grafica, disciplinata e creativa allo stesso tempo, dei primi venti anni del nostro secolo. E ancora, le firme degli autori degli articoli, incluse tra due filetti, proprio come il primo, mitico numero del 2 ottobre 1955.
La nuova grafica è costruita su questi sessantotto anni di storia, perché tenere conto del passato aiuta a essere consapevoli del presente e ad avere una visione più lucida del futuro.
Design chiaro e contemporaneo
Per la prima volta, oltre ad adottare un formato tabloid più verticale rispetto ai precedenti, sono stati progettati ad hoc tutti i caratteri tipografici della rivista. Grazie alla fonderia digitale Zetafonts titoli e sommari, testo di lettura e didascalie hanno un disegno unico e innovativo studiato esclusivamente per la testata.
Con i nuovi font è possibile realizzare uno degli obiettivi più importanti della progettazione grafica: accogliere il lettore donandogli una maggiore chiarezza e leggibilità. La gabbia d’impaginazione, realizzata su dieci colonne, è dinamica e permette un utilizzo armonioso e mai opprimente degli elementi che compongono il progetto.
Ma la lettura di una rivista non riguarda solo il testo: proprio per questo negli articoli aumenta la dimensione delle immagini e il linguaggio fotografico torna ad avere oggettiva importanza nella narrazione degli eventi.
Un design, quindi, contemporaneo che germoglia e si fortifica sulle solide radici della testata e ne accresce il prestigio storico e giornalistico.
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