La memoria nascosta delle immagini

Articolo pubblicato il: 18 Maggio, 2022


“The world that I dream” è la sorprendente mostra di collage dell’architetto Luca Galofaro

Luca Galofaro Mostra
Due “Postcards” a colori (2010-2022)

Luca Galofaro è un architetto di base a Roma che da anni accompagna la sua professione con una ricerca continua. E con la divulgazione delle sue idee attraverso talk, conferenze, piattaforme social e – adesso – anche arte. 

Il sito e profilo Instagram  “The Booklist” – di cui è autore – parte dai libri. Ne propone di nuovi, introvabili o specializzati e con questi approfondisce il discorso urbanistico, presentando storie, personaggi e immagini. Spesso il focus è sulla rappresentazione della città come tema.

Campo, uno spazio per celebrare l’architettura

Con l’esperienza di Campo, fondato nel 2015 insieme a Gianfranco Bombaci, Matteo Costanzo e Davide Sacconi, ha creato invece uno spazio dove discutere, studiare e celebrare l’architettura a Roma.


"The world that I dream"
La serie “Postcards” (2010-2022)

E proprio nella cornice di Campo si inserisce la sua mostra personale “The World That I Dream”, appena inaugurata al Pastificio Cerere, sempre nella capitale.

Ecco quindi che – attraverso l’arte – Galofaro completa un percorso multiforme in cui è difficile delineare il confine tra passione, ossessione e professione. 

Per semplificare, “The World That I Dream” è una mostra di collage, di fotografie tagliate e montate insieme a crearne di nuove, di forte impatto e stranianti. Ma attenzione, non è solo questo. Attraverso il mezzo artistico, vediamo con gli occhi dell’architetto.


Luca Galofaro
Fronte e retro di un’opera della serie “Postcards”

Stratificazioni e suggestioni

Dal punto di vista tecnico si tratta di collage architettonici, attraverso i quali si compongono nuovi palazzi, quartieri mai visti e città sconosciute. Sono modellini bidimensionali di progetti urbanistici mai realizzati, antesignani dei rendering digitali e quindi rispettosi di proporzioni e di scale di misura scientifici. Proprio per questo il risultato estetico è a tratti strabiliante, come nelle cartoline retrò di Piazza San Pietro in Roma in cui è posizionato, al centro del porticato, un avveneristico edificio.

Ma è l’idea di Galofaro che più colpisce: partendo dal dato di fatto che la Città eterna è intoccabile, che nessun monumento si può distruggere per poi ricostruire, ecco che la stratificazione è l’unica via perseguibile per una nuova urbanistica.


Luca Galofaro Mostra
“Postcards” immaginifiche (2010-2022)

E perciò il lavoro artistico procede a livelli, grazie all’incastro di immagini che provengono da libri rari, da foto e da cartoline antiche. Un lavoro di anni, di ricerca nei mercati dell’usato o sui siti di rarità editoriali, anche necessario al mestiere di architetto dell’autore.

Da Roma, i collage arrivano in Europa e sconfinano verso nuovi universi: alcune opere richiamano i mondi immaginari delle copertine dei libri Urania anni ‘80 di Karel Thole.


Mostra "The world that I dream"
“What’s left of the world” (2019-2022)

Viaggio nella progettazione architettonica

La mostra, curata Abdelkader Damani, storico dell’arte e architetto, si articola in tre sale. Nella prima troviamo  “Postcards” (2010-2022), cartoline reali antiche e moderne rielaborate. Nella seconda è il turno delle “Immagini trovate”, estratte da libri e cataloghi e mischiate insieme per creare nuove visioni. Infine la terza sala propone “What’s left of the world” (2019-2022) e “The hidden memory of images” (2021-2022), a concludere un viaggio che ci ha aperto la mente alle infinite possibilità della progettazione architettonica.


"The world that I dream"
“The Hidden memory of images” (2019-2022)

Chiedo a Stefano Ciavatta, giornalista e grande conoscitore di Roma e di città, un intervento da critico d’arte, il suo pensiero circa la mostra di Luca Garofalo.

«Si tratta di un lungo lavoro di ricerca – mi risponde – una mania per i collage fotografici, con immagini prese da libri di architettura, urbanistica, guide turistiche, reportage, libri d’arte, oppure le fotografie cercate nei mercatini, tra le bancarelle, nei lotti di ebay. Lo spazio come luogo dell’immaginazione senza limiti, che fa da contrasto all’utopia di ogni architetto: progettare ex novo nel cuore delle grandi città storiche, come Roma per esempio, dove salvo rari casi la fanno da padrone patrimoni Unesco, marmi e cupole».

E ancora, a chiudere: «Questi montaggi fotografici non sono gesti situazionisti, ribelli, ma una devozione giocosa al concetto di Urbe: il tentativo di ricordare pezzi di città anche in altre città, in altri agglomerati, magari quelli del futuro come potevano esserlo le prime stazioni spaziali della Nasa in orbita (materia da sogno della sua tesi di laurea), una foto scelta da Galofaro per chiudere la sua ultima raccolta di scritti intitolata “Questo non è un manifesto” (Letteraventidue, 2021). Un collage che fa effetto: spingere il segno umano e stratificato della città là dove tutto è ancora più remoto e rarefatto».


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