La Guerra Fredda del Design

Articolo pubblicato il: 17 Marzo, 2023


A Berlino in mostra progetti e prodotti realizzati nei Paesi dell’ex blocco sovietico

Nino Brisindi, art director del Gruppo Gedi, ci racconta la mostra “Retrotopia. Design per spazi socialisti”, al Kunstgewerbemuseum di Berlino dal 24 marzo 2023. L’articolo di Nino Brisindi è stato pubblicato su “Design”, allegato del quotidiano La Repubblica. Lo riproponiamo di seguito.


Design Berlino
1973: progetto di Lutz Brandt per il Festival Mondiale della Gioventù a Berlino est

La Guerra Fredda era anche una questione di design. Un esempio tra tutti, il kitchen debate, la “discussione in cucina” tra Richard Nixon e Nikita Krusciov. I due – vicepresidente degli Stati Uniti uno, segretario generale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica l’altro – si incontrarono il 24 luglio 1959 all’Esposizione nazionale americana di Mosca, una delle iniziative bilaterali per tentare di far dialogare le due potenze mondiali e distendere le tensioni, ma anche occasione per gli americani di far mostra dei loro prodotti di massa: la Cadillac, il rossetto, l’hi-fi, l’aspirapolvere.


Mostra Design
Lounge dell’aeroporto di Bratislava, Slovacchia. Foto: Lívia Pemčáková

Sfida tra potenze

Sullo sfondo di una tipica cucina americana, andò in scena un confronto passato alla storia, in bilico tra una sitcom e l’incidente diplomatico. Un botta e risposta tra due capi mondiali cordialmente trincerati dietro le rispettive visioni del mondo. La lavastoviglie contro lo Sputnik. Il capitalismo contro il comunismo. Il tutto venne registrato su nastro magnetico a colori, una tecnologia appena nata nei laboratori dell’americana Ampex.


Mostra Design
“Intelligent Workspace”, Fiera dell’Elettronica di Mosca, 1971
Problemi simili, soluzioni diverse

Gli obiettivi dell’industrial design non erano certo in linea con le ideologie del blocco sovietico, che ne metteva a fuoco solo i tratti capitalistici. Ma anche se in piena Guerra Fredda e con una cortina di ferro nel mezzo, designer e architetti di entrambi i mondi si confrontavano con problemi simili e sfide comuni: soluzioni sostenibili, ottimizzazione della produzione, materiali e usabilità, progetti visionari, utopie tecnocratiche.


“Retrotopia”, la mostra

Da Mosca a Zagabria, da Tallin a Budapest, sono tanti gli esempi della fervida attività progettuale dei Paesi dell’est nel periodo che va dagli anni Cinquanta al crollo del muro di Berlino del 1989.

La mostra “Retrotopia. Design per spazi socialisti”, al Kunstgewerbemuseum di Berlino dal 24 marzo, raccoglie molte di queste testimonianze. Claudia Banz, curatrice della mostra, racconta come è nata l’idea: «Quando ero ancora una studentessa, vedevo con i miei occhi come la Guerra Fredda aveva plasmato Berlino, non solo politicamente, ma anche culturalmente e visivamente. Guardando poi oltre l’ex muro di Berlino, mi sono resa conto che la storia del design aveva ancora molti spazi da riempire. Così a partire dall’estate del 2021 ho contattato esperti di design nei musei delle capitali del blocco orientale. Sono stati tutti entusiasti dell’idea, e il progetto è cresciuto più delle aspettative».


Mostra Berlino
Redesign di Jižní Město, 1986

Design come progresso sociale

La mostra espone più di trecento pezzi tra progetti di architettura, oggetti di uso quotidiano, allestimenti per capitali futuristiche, grafiche per expo. Dimostrando che i designer al di là del muro avevano le stesse visioni dei loro colleghi al di qua del muro, anche se vivevano in un sistema opposto e statocentrico. Dichiarava ancora nel 1975 Yuri Soloviev, direttore del Vniite, l’Istituto di tutta l’Unione per la ricerca scientifica e la tecnica estetica, con sede a Mosca: «Il design è un mezzo necessario per utilizzare al meglio le risorse di ciascun paese. Senza l’uso intenzionale del design a livello statale, il progresso sociale sarà notevolmente più difficile».


Tallin
Proposta per redesign di un’area nel centro di Tallin, Estonia. © Museum of Estonian Architecture, Photo by Tiit Veermäe

Sguardo a Est

Ma la “cortina di nylon”, come la definiva lo storico ungherese György Péteri perché separava due mondi che potevano comunque guardarsi, permetteva a designer e progettisti di influenzarsi a vicenda, fare rete, lanciarsi segnali. Tanto che negli anni Sessanta, mentre in Occidente germogliavano i primi dubbi sulla società dei consumi, molti incominciarono a guardare a est. Spiega ancora Banz: «L’idea di design per una società socialista trovò ampia risonanza durante gli sconvolgimenti sociali della fine degli anni Sessanta, quando teorici occidentali iniziarono a interrogarsi sul ruolo sociale e morale del design. Per esempio Tomás Maldonado, nato in Argentina e residente in Italia, si ispirò alle economie pianificate dell’Europa orientale quando era in cerca di un’alternativa al sistema consumistico occidentale».


Tallin
Ancora Tallin: design concept di Bruno Tomberg, Maia Laul, Kärt Voogre, Eha Reitel, Saima Veidenberg and Taevo Gan

Una nuova etica industriale

La critica del sistema consumistico si sarebbe guadagnata spazio nel terreno della controcultura statunitense. Anche grazie al pensiero di alcuni pionieri della produzione responsabile, come Viktor Papanek, designer americano e sostenitore del bisogno di una nuova etica industriale, che nel suo libro “Design per il mondo reale” accusò i progettisti di “appartenere a una delle peggiori categorie professionali del mondo”. La cortina di ferro è sparita, ma in cucina si discute ancora.


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