INQUE, il magazine perfetto
Articolo pubblicato il: 13 Aprile, 2022
Dan Crowe e Matt Willey danno vita a una rivista che riscrive le regole dell’editoria indipendente e non
“INQUE” è il nuovo magazine di Dan Crowe e Matt Willey.
Sembra essere un periodo d’oro per l’editoria indipendente. Dopo il ritorno alle stampe di FMR, quella che fu definita “la rivista più bella del mondo”, ecco arrivare quello che probabilmente nel prossimo decennio sarà definito “il magazine perfetto”.
Si tratta di “INQUE“ (si pronuncia “ink”, inchiostro), la nuova creatura cartacea di Dan Crowe, editore e direttore, e Matt Willey, già designer del New York Times Magazine e partner di Pentagram Design. Una rivista letteraria e artistica di grande formato e qualità altissima finalmente uscita dopo un lungo periodo di progettazione.
Attenti a quei due
Crowe e Willey in passato hanno fondato “Zembla” e “Port”, giornali che negli ultimi anni sono stati portatori di novità editoriali e grafiche e che adesso sembrano essere stati il campo di allenamento per la nuova, definitiva rivista.
Definitiva innanzitutto perché avrà una vita editoriale pre-programmata: dieci anni per dieci numeri – uno all’anno – dopodiché le pubblicazioni cesseranno. Poi perché esiste solo su carta; c’è un sito, sì, ma puramente di servizio. Non sono previste versioni digitali dei testi o contributi extra.
Infine, non è presente pubblicità sul giornale e sul sito. Crowe punta tutto sulla vendita del magazine stampato in 6000 copie e diffuso in tutto il mondo attraverso shop on line. E qui veniamo all’aspetto meno attraente dell’impresa: il prezzo. Per accaparrarsi “INQUE” bisogna pagare 55 sterline, a dimostrazione del fatto che è vero che la qualità salverà (forse) l’editoria, ma è ancora più vero che la qualità si paga, eccome.
Grafica senza tempo
Da un punto di vista grafico, il magazine è bellissimo, straordinariamente senza tempo nel design e nella produzione. A cominciare dalla cover che presenta un potente lavoro di Katrien De Blauwer, artista visuale belga che si muove tra foto, pittura e collage.
Il talento dell’art director Willey si vede in ogni dettaglio gestito meticolosamente, sia esso tipografico che di immagine. Foto, dipinti, disegni e collage si alternano nel layout, ognuno con lo spazio che più gli si addice. L’uso del bianco non è mai gratuito, ma è sempre finalizzato a far risaltare i testi. È l’esempio più lampante di come una progettazione grafica pulita e corretta sia destinata a rimanere per sempre. È la fine del “famolo strano” a discapito della leggibilità e della qualità.
La stampa perfetta e l’allestimento che contempla persino pagine a soffietto, rendono la confezione all’altezza dell’ambizione del progetto.
Forma e sostanza
Passiamo ai testi. “INQUE” presenta gli scritti di quei nomi che in questo momento storico vale veramente la pena leggere. Dan Crowe ritira fuori la sua idea delle “Dead interviews” che aveva immaginato per “Zembla” e fa intervistare a Margaret Atwood il defunto George Orwell.
Octavia Bright prende spunto dai libri autobiografici di Karl Ove Knausgaard per fare il punto sulla letteratura di autofiction.
Pietro Masturzo, acclamato fotografo documentarista italiano vincitore del World Press Photo nel 2010, racconta con testi e foto le proteste e i sanguinosi incidenti degli ultimi anni nella Striscia di Gaza per il conflitto mai risolto con Israele.
Articoli e interviste si alternano ad approfondimenti artistici e a poesie. Tra queste spiccano quelle di Tom Waits e di Ocean Vuong.
Nella terza parte del giornale, quella dedicata alla fiction, Jonathan Lethem completerà un romanzo dal titolo “The Dispersed” nell’arco dei dieci anni, un capitolo per numero. Il primo appuntamento si apre con una splendida illustrazione di Bill Bragg. E poi ancora grandi voci della letteratura mondiale: Sophie Mackintosh, Ben Lerner, Hanif Kureishi, Leïla Slimani, Max Porter, Joyce Carol Oates, Catherine Lacey, Will Self.
La quarta e ultima sezione di “INQUE” presenta un lavoro fotografico di Shawn Pridgen che durerà anch’esso dieci anni e racconterà i cinque quartieri di New York. Documenterà con i suoi scatti gli abitanti, i luoghi, gli eventi di una città in perpetuo cambiamento nell’arco del decennio di vita del magazine.
Dieci anni possono essere tanti ma anche, dal punto di vista editoriale, pochi. Saranno il giusto arco temporale di vita in cui un giornale nasce, cresce, si diffonde e infine si esaurisce? Oppure quando le pubblicazioni cesseranno, “INQUE” ci lascerà orfani, desiderosi di avere ancora il nostro appuntamento annuale con la rivista perfetta?
Per la risposta non ci resta che aspettare e – nel frattempo – metterci comodi a leggere.
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