Domenico Gnoli

Articolo pubblicato il: 27 Ottobre, 2021


Una mostra alla Fondazione Prada rende finalmente omaggio a un artista originale e libero da etichette
Domenico Gnoli Ritratto
Domenico Gnoli fotografato da Mimì Gnoli, 1963

Inaugura in questi giorni alla Fondazione Prada di Milano “Domenico Gnoli”, retrospettiva dedicata all’artista romano che sviluppò la sua opera in bilico tra tradizione classica italiana e Pop Art.

La mostra, pensata dal compianto Germano Celant, riunisce più di 100 opere realizzate dal 1949 al 1969. Ma anche disegni, documenti e testimonianze provenienti da collezioni private, musei e archivi dell’artista.

In questo modo si rende omaggio, ricostruendone la carriera e la vita, a una personalità difficilmente etichettabile. Forse, proprio per questo, apprezzata moltissimo anche dal mondo della grafica.


Talento eclettico

Ma come mai questo artista – neanche tra i più conosciuti a livello mondiale – sta resistendo all’oblio e, anzi, più passa il tempo e più viene riscoperto dal pubblico, dalla critica e dagli addetti ai lavori della comunicazione visiva? Qual è il segreto di un segno da sempre moderno? 

Per comprenderlo, è necessario fare un passo indietro e scoprire la formazione artistica di Domenico Gnoli.

Nasce a Roma nel 1933. Madre artista, padre critico d’arte, parenti letterati: è evidente che l’ambiente familiare indirizza subito la vita del giovane Domenico sulla via dell’arte e della cultura. E infatti frequenta corsi di disegno che gli permettono di partecipare a mostre collettive e, soprattutto, di iniziare a lavorare nel mondo del teatro. Si occupa di costumi, scenografie e della creazione di manifesti: spazia quindi da subito nei vari campi dell’arte visiva.


Domenico Gnoli
Capigliatura femminile, Riga in mezzo n.1,1965 © Domenico Gnoli, by SIAE 2021

Domenico Gnoli Fondazione Prada
Due dormienti, 1966 © Domenico Gnoli, by SIAE 2021

Formazione cosmopolita

Ma sono i suoi viaggi, che lo portano a conoscere città e culture in anni fondamentali per lo sviluppo di diversi movimenti artistici, che plasmeranno la sua opera. Parigi e Londra con il teatro, New York con la grafica e l’illustrazione, poi di nuovo Roma e la Spagna, Siviglia e Maiorca. E una crescita professionale divisa tra arti e continenti: la pittura e l’illustrazione. Classica e rigida la prima, creativa e libera – nonostante il vincolo editoriale – la seconda, pur viaggiando in parallelo per buona parte della sua produzione artistica.

Fino alla convergenza di questi due mondi nelle opere che chiudono il suo ciclo artistico e lo finalizzano al meglio.

Quindi le illustrazioni commerciali per testate come “Sports Illustrated”, “Fortune”, “Glamour”, “Life” sono immagini propedeutiche alle ultime opere che lo collocano di diritto nell’Olimpo dei grandi. Dal 1964 fino alla sua morte prematura nel 1970, Gnoli raggiunge l’immagine definitiva. Oggetti di uso quotidiano, ingranditi e inquadrati con tagli esasperati – retaggio forse della sua frequentazione americana col grande fotografo Cecil Beaton – diventano i soggetti dei suoi dipinti.


Opere Gnoli Fondazione Prada
Maquette, 1967 © Domenico Gnoli, by SIAE 2021

Domenico Gnoli Fondazione Prada
Robe verte, 1967 © Domenico Gnoli, by SIAE 2021

Arte e relatività

Gnoli afferma: “Voglio dipingere enormi chiome notturne, immensi letti su cui potrebbe sdraiarsi un gigante”. E cita poi Swift, l’autore de “I viaggi di Gulliver”: “I filosofi hanno ragione di affermare che ogni cosa è grande o piccola solo in rapporto a qualcos’altro”.

Fernando Botero, suo coetaneo, più recentemente Tullio Pericoli e Paolo Ventura, sono solo alcuni degli artisti in cui intravedo il seme dell’opera di Gnoli.


Domenico Gnoli Dipinti
Coat, 1968 © Domenico Gnoli, by SIAE 2021

Domenico Gnoli Fondazione Prada
Apple, 1968 © Domenico Gnoli, by SIAE 2021

Successo senza tempo

Il motivo di questa influenza che – sono convinto – andrà rafforzandosi sempre più nei prossimi tempi, è duplice. Da una parte, come detto, la formazione di Domenico Gnoli che ha fuso insieme cultura, arte classica e arti applicate, senza distinzioni o preclusioni. E quindi teatro, pittura, grafica, matite, acrilici e sabbia, fondali di palcoscenici, tele e pubblicazioni su riviste. Tutto è arte, tutto è espressione e comunicazione.

E poi, secondo me, l’altro fondamentale motivo del successo, è il suo essere alla moda. Un uomo bello, amante del bello e del buon vivere in un’età e in metropoli che in quel periodo – gli anni ‘60 – hanno creato il nostro immaginario visivo.


Domenico Gnoli Opere
Curly Red Hair , 1969 © Domenico Gnoli, by SIAE 2021

Domenico Gnoli Opere in mostra
Red Dress Collar, 1969 © Domenico Gnoli, by SIAE 2021

Un artista alla moda

Nel 1957 Domenico Gnoli sposa la bellissima Luisa Gilardenghi, la modella più richiesta del momento dalle riviste di moda, che lo coinvolge nella vita mondana di New York. Le foto che li ritraggono insieme ci raccontano un’epoca che non tornerà più ma che ha comunque lasciato un’eredità estetica di cui ancora oggi subiamo il fascino.

Il tratto moderno e le inquadrature audaci (“Painted Shoe”, 1969) sono sempre nella mente di chi – come me – lavora con le immagini. 

E quindi il grande lavoro della madre di Domenico Gnoli, Annie de Garrou Gnoli, che riuscì a mettere insieme in un archivio dall’inestimabile valore quasi tutta l’opera del figlio, deve essere studiato e assimilato dagli amanti del mondo delle immagini.

La retrospettiva della Fondazione Prada – che lo espone ora  a Milano – è un’occasione irripetibile per tutti noi.


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