Damien Hirst alla Galleria Borghese
Articolo pubblicato il: 8 Giugno, 2021
Il grande artista a Roma con una mostra spettacolare
Damien Hirst alla Galleria Borghese, tra classico e contemporaneo.
Ma nel mondo dell’arte, chi decide cosa è classico e cosa contemporaneo?
E chi decide se un artista è pronto per essere accostato e paragonato ai grandi maestri?
Nel caso di Damien Hirst – come dimostra l’allestimento della mostra alla Galleria Borghese di Roma – lo stesso artista britannico sembra aver deciso la convivenza dei suoi lavori con le opere classiche presenti in uno dei musei più famosi al mondo.
E, come ha affermato nell’intervista rilasciata a Dario Pappalardo su Robinson – il supplemento culturale de La Repubblica di sabato 5 giugno – classico e contemporaneo sono la stessa cosa: “tutti gli artisti sono stati contemporanei nella loro vita”.
Ovviamente non basta questo. Direi anzi che in questo caso è stato fondamentale il brand Prada che con il suo generoso supporto ha reso possibile il progetto. E anche i collezionisti che hanno acquistato gran parte delle opere della serie “Treasures from the Wreck of the Unbelievable”.
Sì, perché nella mostra curata da Anna Coliva e Marco Codognato – che resterà a Roma fino a novembre 2021 – sono esposte opere di valore inestimabile. Sculture di tutte le dimensioni in bronzo, marmo di Carrara, malachite, granito, oro e argento, smeraldi. Nessun materiale sembra essere escluso dal progetto che Damien Hirst ha fatto realizzare dai migliori artigiani in circolazione, esternalizzando la maggior parte del lavoro. E poi i dipinti, i riconoscibili Colour Space Paintings che si armonizzano perfettamente con le sale della Galleria.
Si entra in un’altra dimensione dell’arte, quella in cui il denaro non ha termini di paragone ed è persino difficile quantificare il costo di una singola opera. Forse è questo l’anello di congiunzione tra arte e cripto arte?
Così come non hanno più senso le epoche storiche o le provenienze geografiche: sculture egizie si mescolano con teschi di animali fantastici (ciclopi e unicorni), frammenti di statue greche dialogano con personaggi Disney apparentemente rinvenuti in fondali marini.
Una follia artistica, che riprende e prosegue quella iniziata nel 2017 a Punta della Dogana e a Palazzo Grassi di Venezia, ma che in quel caso presentava un ambiente asettico a fare da sfondo al lavoro di Hirst.
Damien Hirst il cyberpunk
Perdendomi tra le sale della Galleria Borghese entro pienamente nel gioco di rimpalli tra opere nuove e classici dell’arte: le une prendono la bellezza delle altre e la riflettono, amplificandola e creando un effetto di straniamento nel visitatore, in me. Improvvisamente raggiungo la convinzione che Damien Hirst è l’unico vero artista cyberpunk del panorama contemporaneo. In una sala mi trovo circondato da tre busti della regina egizia Tadukheba – due in marmo e uno in bronzo – e subito mi vengono in mente alcuni disegni di Hans Rudolf Giger, il grande designer considerato il padre dello stile cyberpunk che ha dato vita ai mostri del film Alien.
Damien Hirst è riuscito nel suo intento: non solo far convivere le sue opere con quelle del museo che le ospitano, ma portarvici anche la contemporaneità, la cultura del nostro quotidiano che inevitabilmente, in un futuro prossimo, diventerà classica.
Ma è solo quando sto per lasciare la Galleria Borghese e mi cade l’occhio sulla cartella stampa consegnata all’ingresso che, leggendo il titolo della mostra, capisco tutto: “Archaelogy Now”.
A questo serve l’Arte: a sconfiggere il tempo, a restare eterna.
Scopri le altre sezioni del mio sito:
Qui trovi gli ultimi articoli nella sezione “L’Espresso”
Qui trovi le ultime interviste nella sezione “Dialoghi”
amici