Cavallo Pazzo, una vita underground

Articolo pubblicato il: 26 Aprile, 2023


Una mostra fotografica riscopre Mario Appignani, primo disturbatore mediatico e figlio di un’Italia sparita

Chi era Cavallo Pazzo? Una domanda – questa – che può aver senso solo per chi ha vissuto gli anni ’80 e si può quindi ricordare di questo personaggio, ultimo picaro di una città – Roma – e di una società che andava scomparendo.


Cavallo Pazzo
Mario Appignani a Piazza Navona, Roma

Il primo disturbatore mediatico

Cavallo Pazzo – al secolo Mario Appignani – raggiunse le cronache nazionali perché fu il primo disturbatore mediatico. Abile nei photobombing, nelle incursioni nel mondo dello spettacolo, della politica e dello sport, fu adottato da Roma come uno dei suoi tanti figli sfortunati ma rappresentativi dello spirito dell’Urbe. Tanto è vero che quando morì il Comune di Roma – per volontà del sindaco Francesco Rutelli – pagò il funerale.


Cavallo Pazzo Mario Appignani Mostra
Durante una manifestazione a Roma

Capo degli “Indiani metropolitani”

Autoproclamatosi capo degli “Indiani metropolitani”, il movimento studentesco nato a cavallo degli anni ‘70, Appignani non aveva tensione politica, quanto piuttosto una voglia di presenziare, di essere riconosciuto, forse a causa della sua storia privata che lo aveva visto abbandonato dai genitori e cresciuto in orfanotrofi. Come detto, era un’Italia diversa e in qualche modo la società lo adottò. Cavallo Pazzo divenne quindi un personaggio pubblico, una maschera collettiva, presente trasversalmente nei palazzi del Potere e nella scena underground della Capitale. Amico degli invisibili, ma anche di Marco Pannella, Bettino Craxi, Pier Paolo Pasolini.

La mostra

Oggi una mostra fotografica a lui dedicata negli spazi WeGil di Roma dal titolo “Cavallo pazzo / Mario Appignani – Frammenti di una vita underground” intende riscoprire questa figura originale e complessa.


Mario Appignani Mostra Cavallo Pazzo
Mario Appignani tra i suoi dipinti

Valerio M. Trapasso, curatore della mostra, documentarista e autore televisivo, ci tiene a precisare che Cavallo Pazzo non fu soltanto un personaggio da spettacolo (le sue improvvise e inaspettate apparizioni al Festival di Sanremo o negli stadi di calcio ebbero un’enorme eco nazionale), ma “la presenza costante di Mario Appignani sulla stampa per 30 anni testimonia un’attività irrefrenabile, una performance permanente dove lo scandalo era non solo cercato e celebrato, ma anche vissuto sulla pelle”.

Gli scatti di Andrea Falcon

La mostra è costruita su una trentina di fotografie inedite e video di Andrea Falcon, giornalista professionista e fotografo che – giovanissimo – incontrò casualmente Appignani. Mai aveva avuto a che fare con un personaggio simile e, incuriosito, iniziò a frequentarlo, seguendolo e documentando le sue imprese.


Cavallo Pazzo
Appignani legge il giornale in un bar

Ricorda Falcon: “Più ci passavo tempo insieme più cercavo di capire chi fosse. Con il rischio di non capirlo mai. Era spontaneo, semplice, alla mano. Raccontava un sacco di cose ma lasciandomi spesso il dubbio se credergli. Molte volte era spiazzante: quando pensavo che l’avesse sparata grossa scoprivo poi che mi aveva svelato una verità oppure accadeva il contrario”.

Le foto presentate – per la maggior parte in bianco e nero – trasudano Roma e quell’Italia ingenua della politica a braccetto con le nostre vite, molto più presente e vicina di quanto immaginassimo. E poi semplicità e solarità, di quando si leggeva il quotidiano al bar, con la certezza di trovarlo sul frigo dei gelati Algida-Eldorado.


Mario Appignani
Mario Appignani davanti all’hotel dove risiedeva Bettino Craxi

Ognuno ha il suo Cavallo Pazzo

Chiedo infine a Stefano Ciavatta, giornalista, scrittore, amante di Roma e dei Romani, aiuto indispensabile per l’ideazione del percorso mentale/espositivo della mostra, un pensiero su Cavallo Pazzo. “Appignani è stato un capitano di ventura, la sua, deciso a forzare le mura aureliane: non più i vicoli – troppo stretti per il ragazzo in fuga dall’inferno dei centri di rieducazione – ma gli stadi. Non più la piazza – la ribollente arena di Campo de’ Fiori – ma la Laguna. Non i monumenti eterni ma la tv nazionalpopolare. Poi peró tornava a fare il pieno di vita a Roma. Te ne rendi conto perchè ogni visitatore della mostra porta con sè il suo Cavallo Pazzo. Chi lo ha conosciuto, chi gli ha voluto bene, chi ha condiviso esperienze con lui: frequentazioni, complicità, manifestazioni, palchi, esibizioni, festival, ricoveri, persino il carcere o un pacchetto di sigarette”. 


Mario Appignani
Durante uno sciopero della fame

Personaggio unico

Prosegue Ciavatta: “È morto nel 1996 a neanche 42 anni. Chissà se avrebbe apprezzato l’anonimato collettivo della costola romana dei Luther Blissett. Non lo sapremo mai. Peró una cosa possiamo dirla: sulla scena successiva nessuno si è rivelato alla sua altezza. Appignani rimane un pezzo unico senza eredi, difficile da riassemblare: questa mostra prova a farlo correre ancora”.

A completare il percorso espositivo, una tela e una videoinstallazione di Leonardo Crudi che da anni attraverso la sua arte riscopre e rende omaggio a personaggi laterali del Novecento romano. E un catalogo che – oltre alle iconiche foto di Falcon – presenta un apparato testuale forte degli interventi di Filippo Ceccarelli e Stefano Ciavatta, entrambi profondi conoscitori di Roma e della sua varia umanità.


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