Alice Neel pittrice ribelle

Articolo pubblicato il: 26 Maggio, 2021


Al MET di New York una retrospettiva della grande artista americana

Indubbiamente uno dei motivi che mi ha convinto a lanciare un sito internet personale è quello di parlare di arte, di grafica e di illustrazione seguendo un unico principio: approfondire l’opera di artisti e professionisti che mi piacciono. Seguendo criteri di estetica e gusto personali, senza la pretesa di essere planetario.

L’artista Alice Neel – per contravvenire subito alla premessa appena fatta – è celebre ed apprezzata in tutto il mondo, tanto che il Metropolitan Museum di New York ha da poco inaugurato una mostra dal titolo “Alice Neel: People Come First” a lei dedicata che si concluderà a fine estate 2021.

Quella che forse si conosce meno è la storia di questa pittrice.

Jerry Saltz, il grande critico d’arte statunitense, la racconta molto bene in un articolo pubblicato dal New York Magazine lo scorso aprile, facendone emergere anche il lato sociale oltre che quello artistico. Anche su The New Yorker viene ripercorsa la sua vita con un bel testo scritto da Hilton Als.


Alice Neel nel suo studio di Harlem nel 1940
Alice Neel nel suo studio nel 1940 © Sam Brody / Estate Alice Nell

Alice Neel è considerata la pittrice della grande commedia umana newyorchese ma, mentre il suo contemporaneo Andy Warhol si è dedicato a ritrarne la faccia ricca e famosa – di chi ce l’ha fatta – lei ha immortalato quella parte della società che è stata vinta, che è uscita sconfitta dal confronto con la realtà del quotidiano. I suoi ritratti hanno documentato un mondo battuto, stanco con cui si immedesimava totalmente.

Questo l’ha resa un’artista quasi beatificata, una Frida Kahlo dei giorni nostri. La rassegna al Met presenta opere realizzate dal 1920 fino al 1984, anno della sua morte.

La storia

Alice Neel nacque nel 1900 a Merion Square, in Pennsylvania, frequentò la Scuola d’Arte femminile, fu comunista e sostenitrice dei diritti civili, dopo averne perso uno ebbe altri tre figli, molti amanti e non smise mai di dipingere senza però raggiungere la fama in vita. Anzi, al momento della sua morte aveva nel suo appartamento più di trecento opere invendute.

Il primo matrimonio, straziato dalla perdita di un figlio e poi dall’abbandono da parte del marito, nel 1930 portò Neel all’esaurimento nervoso e a tentare il suicidio con il gas. In seguito a questo episodio fu rinchiusa in un ospedale psichiatrico.

La vita nel Village

Ma riuscì a uscirne, a trasferirsi nel Greenwich Village di New York e a trovare rifugio nell’arte. In questo ambiente vivrà il resto dei suoi giorni tra amanti, mariti, figli da uomini diversi e i suoi incredibili ritratti pittorici. Che documentano un mondo bohémien in cui tutto ruota intorno al sesso e a una precarietà sociale ed economica che la accompagneranno per tutta la vita.

Negli anni ‘50 e ‘60 la scena artistica di New York cambiò. Arrivarono nuovi movimenti ma Neel non fu inclusa in nessuno di questi, probabilmente anche perché donna. 

Nel 1959 si fece coraggio e cominciò a chiedere a personaggi celebri del mondo dell’arte di farsi ritrarre da lei nel suo studio. I ritratti di Neel degli anni ’60 e ’70 irradiano bisogno, nervi scoperti, noia, creatività, pathos, impotenza e lo splendore di un nuovo mondo culturale. Ha dipinto performer trans, scrittori e critici famosi, soldati, guardie di musei e curatori d’arte.

Il dipinto di “zio” Andy

Nel 1970 dipinse il più grande ritratto mai fatto di Andy Warhol, in mostra al Met: piuttosto che il personaggio figo con gli occhiali da sole, Neel ci restituisce un vecchio Andy, seduto – quasi in bilico – su una panchina appena abbozzata, nudo fino alla vita, parrucca, occhi chiusi, viso butterato, con seni cadenti, cicatrici, suture e corsetto visibili. Il suo fragile corpo da neonato è affondato, fatto a pezzi e ricucito (Valerie Solanas gli aveva esploso contro tre proiettili due anni prima, ferendolo gravemente).


Ritratto di Andy Warhol di Alice Neel (1970)
Andy Warhol ritratto da Alice Neel nel 1970

Neel sapeva esattamente cosa stava facendo in queste sedute nei quartieri borghesi: appuntava e vivisezionava questi personaggi come esemplari di insetti, divorandoli per i suoi scopi. I protagonisti dei suoi quadri vanno da Warhol al poeta-curatore Frank O’Hara ad artisti come Robert Smithson e Benny Andrews.

Finalmente nel 1974, all’età di 74 anni, il Whitney Museum le dedicò una mostra ma la critica non apprezzò il suo stile, troppo lontano dai canoni classici e troppo fuori dalle regole. Le sue donne incinte (“Pregnant Julie and Algis” del 1967 e “Pregnant Woman” del 1971) creavano troppo disagio, con corpi non armonici e mariti raffigurati vicino alle loro compagne ma esclusi da ogni interazione con esse.


"Pregnant Julie and Algis" di Alice Neel (1967)
“Pregnant Julie and Algis” è del 1967

"Pregnant Woman" di alice Neel (1971)
“Pregnant Woman”, dipinto del 1971

Poi, nel corso degli anni, la sua visione pittorica dolorosa e femminista è stata parzialmente rivalutata ma forse solo adesso – con la mostra del Met – potrà finalmente essere compresa a fondo e avere il successo che merita.

“L’unico momento in cui mi sentivo libera era quando dipingevo. Completamente e assolutamente me stessa” (Alice Neel)


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